Ciao 2001, 1991

Sono passati dieci anni dall'EP d'esordio, per la Italian Records, dei Kirlian Camera; in tutto questo tempo la formazione parmense, che ruota attorno alla figura di Angelo Bergamini, ha continuato a vivere nell'ombra. Un album nell'83, "It Doesn't Matter Now", poi singoli incredibili, a stretto contatto con il pop ma di sensibilità elevatissima come "Blue Room", "Ocean Rain", "Helden Platz", gli ultimi due addirittura per una major, la Virgin. Nell'88, finalmente, il secondo album, "Eclipse (Das Schwarze Denkmal)" a cui collaborò John Fryer (This Mortal Coil), pubblicato da Rose Rosse. Oggi un nuovo lavoro su CD, di cui troverete in dettaglio sui prossimi numeri, riporta in superficie il nome dei Kirlian Camera.
Personalmente li ritengo tra i pochi grandi gruppi italiani generati dal post-punk in poi, una formazione d'assoluto valore, di livello mondiale e d'impronta spietatamente europea, impietosamente romantica, fieramente decadente. Certa stampa ha voluto metterli in cattiva luce, provandone un sottile piacere non so quanto gratificante e giustificabile, ignorando o peggio attaccando i Kirlian Camera per una loro presunta attrazione verso il nazismo, inteso in termini politici e non primariamente estetico-artistici com'è poi di fatto, casomai, nella realtà. La storia è vecchia: nel Regno Unito hanno subito le stesse accuse Death In June o In The Nursery, tanto per fermarsi ad un paio di esempi.
Ma non importa. Ciò che interessa maggiormente è sottolineare che un gruppo come Kirlian Camera, meriterebbe ben altra attenzione e meno superficialità da parte di chi si arroga il diritto di giudicare.
Non è facile reperire i loro lavori precedenti: cercarli per chi non li ha può diventare un dovere, soprattutto dopo l'ascolto del CD appena uscito, "Todesengel. The Fall Of Life".
Con Angelo ho ripercorso tappe e contenuti del progetto Kirlian Camera.


Partendo dal passato, mi ha sempre incuriosito la copertina di "It Doesn't Matter Now" che mi sembra proprio non entrarci nulla con i Kirlian Camera...
Ti dico subito, la grafica fa schifo. In origine la copertina doveva avere soltanto la foto del fronte della cover; penso che alla fine dell'anno o nel '92 "It Doesn't Matter Now" sarà ristampato con la copertina originale con cui sarebbe dovuto uscire.

Una certa continuità permane con quel lavoro?
Sì, anche se si cerca di muoversi perché se ci si ripete un po' troppo va a finire male. "It Doesn't Matter Now" lo vedo più come un lavoro ingenuo che non farei assolutamente più, a parte qualcosina; però l'ho fatto... poi, poverino, ha venduto così poco...

Poi c'è stato "Blue Room", un singolo che avrebbe meritato migliore fortuna, con quel retro devastante, "Call Me"...
Ti piaceva? Sono contento perché quel pezzo me l'hanno distrutto... il singolo non andò malissimo, però; cioé vendette sulle quattromila copie; questo l'ho saputo solo un paio d'anni fa. Io ero rimasto alle quattrocento copie vendute di cui mi avevano detto; mi hanno congelato tutto e non mi hanno mai pagato.

Il passaggio alla Virgin e i due singoli "Ocean Rain" e "Helden Platz", entrambi godibilissimi. Pensi che il contratto con una major abbia allontanato una parte del pubblico indipendente che vede spesso con sospetto questi passaggi a grosse etichette?
Sì, come dici tu c'è stato questo sospetto. Noi mettendoci nella mani della Virgin abbiamo cercato di creare un ibrido come quello che avevano fatto anche i Kraftwerk o, per certi versi i Pet Shop Boys, che a me piacciono molto, pur ascoltando cose diverse come Death In June o musica classica. Più che sospetto direi che c'era un muro creato da certa stampa verso di noi; addirittura quando è uscito "Eclipse" alla presentazione del disco organizzata dalla casa discografica c'è stata gente che ha detto: "io mi rifiuto anche solo di ascoltarli, perch&eacuti; questi sono nazisti". Ed ha avuto il suo peso che la stampa "alternativa" abbia iniziato a volerci male.

Perché richiami ad un certo tipo di cultura, come avviene per Death In June in Gran Bretagna, sembrano per forza dover implicare simpatie politiche di destra?
Sono sempre stato molto preso da tutto quello che era la cultura mitteleuropea, soprattutto austro-tedesca; sia per quello che riguarda le letture, sia per quello che riguarda il cinema, che per me è una passione forse superiore alla musica. Mi piacciono anche persone che hanno avuto a che fare con certe tematiche, Fassbinder per esempio... Lì sta un po' il centro, l'area di quell'arte che amo, che sia poi di destra o di sinistra a me non interessa molto, in effetti. Sono d'accordo con Douglas Pierce dei Death In June quando dice "noi siamo come voi volete".

Era stata annunciata un'uscita in Canada di vostro materiale; non sono riuscito a saperne più nulla. Cosa è successo?
C'è una mia amica, che suonava con un gruppo di Londra, i Dogs D'Amour con la quale si era deciso di far uscire qualcosa; io volevo che uscisse solo negli Stati Uniti e Canada perché qui non interessava a nessuno... l'idea era di far uscire duecento copie di un box con un disco nuovo, una copia di "It Doesn't Matter Now" con nuova copertina ed una cassetta con materiale fatto in studio, più una biografia molto estesa, e una foto grande tipo poster, anche se molto "umile"... Siamo però andati in crisi con i soldi, e malgrado avessimo fatto le lacche del disco ci siamo dovuti bloccare... io credevo fosse tutto pronto e invece non era pronto nulla. Allora ho pensato di assemblare il tutto in Italia; qui non c'è stato verso di poter fare in qualche stamperia, un prodotto, un box, un po' diverso dal solito perché nessuno te lo sa fare... così presi dallo sconforto abbiamo abbandonato tutto e da lì è nato il nuovo Cd, con altri pezzi nuovi. Così il compact è cominciato nell'89 ed è finito due mesi fa.

Di questo nuovo lavoro cosa puoi dirmi?
Innanzitutto la formazione è cambiata, ma è stabile da un po'; ed è la seconda formazione stabile che ho in undici anni di indecorosa carriera. E' un lavoro molto diverso, è molto più lento; i pezzi sono dilatati, è molto cupo, molto plumbeo, mortuario... e molto romantico, più del solito. Forse è ciò che avremmo sempre voluto fare; ora lo abbiamo fatto senza scendere a compromessi. Ci sono diversi pezzi senza batteria, molti cori... e molto dolore; è molto triste.

Tornando indietro, ad "Eclipse", come mai hai scelto di fare una cover di "Epitaph" dei King Crimson? E' un segnale delle tue origini musicali?
No, delle origini no, anche se ho ascoltato molto i King Crimson di "In The Court..." e di "Red". E' un amore che si è tramandato fino adesso, sono cose che ascolto ancora. "Epitaph" l'ho limata molto perché volevo fare una cover più da perduti nello spazio che non da King Crimson... poi, è venuta come è venuta... Comunque io mi sono formato soprattutto con Pink Floyd e cosmica; ho più di trent'anni e se volevo cercare qualcosa dovevo dirigermi in quella direzione. Avevo conosciuto Roberto Cacciapaglia, sono stato appunto dalle parti dei Cosmic Jokers, senza incidere nulla però. Sentivo veramente di tutto. Non mi piacevano però cose tipo Hendrix, Stones, Beatles... in sostanza non mi piace il rock; o meglio preferisco quello degli anni '50, non so, Gene Vincent o Buddy Holly che almeno sono divertenti.

Già in "Eclipse" c'era questa notevole tendenza all'epico, in particolare in alcuni pezzi come "Tor Zwei", per esempio...
Sì ed è la strada che seguiamo anche nel nuovo lavoro; c'è più musica strumentale, si tende anche qui all'epico. Forse è un po' più monocorde, spesso ci fermiamo su una nota e basta. C'è anche una versione di "Vienna" degli Ultravox di otto minuti e mezzo, soprattutto per violini, viole e cori; e, preciso, non campionamenti di violini e viole. L'insieme ha molte cose piuttosto funerarie, ma anche tecnologiche.

Per quanto riguarda i testi, sono sempre stati importanti...
Soprattutto in questo nuovo CD. La tristezza cresce perché qui c'è una specie di grido disperato da stupidi, se così posso dire; c'è quasi l'esaltazione della morte fisica come uscita dal dolore. C'è un continuo riferimento alla morte, anzi un unico riferimento, molto più che in passato, più chiaro anche se non aggressivo. Si intende la morte in maniera abbastanza dolce anche se di morti ne abbiamo viste parecchie, anche molto brutte; è comunque la cosa principale, è il riconoscimento ad una tendenza che tutti noi sentiamo molto nel nuovo lavoro; come stanchezza di vivere, anche... Tanto per ridere un po', insomma...

  • Paolo Bertoni