Kronic web-zine, 01/2003

Il fattore Russia

Il progetto di Angelo Bergamini e Elena Fossi è stato una delle novità più interessanti dell'anno. Un lavoro difficile da catalogare, che con il passare del tempo è cresciuto, si è evoluto e ora da ruscello sta dinventando qualcosa di vasto e possente. Le parole di Angelo e Elena sono schiette e sincere; intelligenti. Dedicate a chi non ha paura di entrare in una trappola che racchiude sentimenti liberi e rabbia feroce verso un mondo autoindulgente e manomesso.

Il progetto Stalingrad nasce alcuni anni fa, se non sbaglio nel 1997, ma il primo album è uscito solo quest'anno; in mezzo un brano pubblicato in varie compilation. Ci puoi parlare dell'evoluzione e del percorso che hanno portato allo Stalingrad di oggi? Da dove nasce l'idea iniziale di creare Stalingrad e come si è evoluta?
Angelo - All'epoca ci era stato chiesto un brano da mettere su una compilation, ma io non avevo voglia di usare il nome di Kirlian Camera per tale contributo, nè pensavo avrei potuto sviluppare il brano in questione con la mia formazione di allora. In quel momento, tra l'altro, ascoltavo parecchio di quella che era la scena musicale della seconda metà dei '90 più dedita all'elettronica contaminata con pop, jazz ed altre immondizie simili; non lo facevo altro che per il piacere di intravedere qualcosa di meno statico e noioso di quanto non fosse l'area dark-industrial in quel preciso momento. Avevo fatto un consapevole ed un po' polemico salto nel passato con "Pictures From Eternity" nel'96, ma ora volevo davvero trovare soluzioni che mi intrigassero maggiormente... Nonostante tutto conservavo una mia identità, sicuramente vicina a certe sonorità anche poco "glamour" (per così dire, perché in effetti non è poi detto che Stalingrad non sia glamour più di Gary Glitter e Marylin Manson...), più orientata a suoni pesantemente orchestrali, cori possenti, richiami electro-industrial... quindi, per non azzerare il mio interesse verso tale immaginario personale, ho inventato Stalingrad proprio nel '97, anche per contaminare meno KC con soluzioni poco amalgamabili alla nuova traiettoria del progetto madre. Proprio con KC si è elaborato quindi un linguaggio che era prima solo embrionale e che rischiava di staticizzarsi su intuizioni poco sviluppate, mentre con Stalingrad cercavo di lasciare aperta una porta a tutto ciò che era considerato "kitsch", ma che faceva comunque parte di un sentimento "nobile", (in senso affettivo). Dopo un po' che io ed Ivano Bizzi - per un paio d'anni seconda metà del progetto - andavamo sempre di più verso l'idea di realizzare un album contenente per lo più brani di quest'ultimo con produzione mia, ho visto che le cose rallentavano senza portare poi a molto di concreto, quindi ho telefonato ad Elena, che nel frattempo era entrata a fare stabilmente parte di KC, e le ho chiesto se le andasse di provare a cantare e co-produrre una canzone per un side-project praticamente nuovo... Lei è sembrata immediatamente interessata e così è nata "Slavonija", quasi tre anni fa. Da lì, Elena ha iniziato ad affezionarsi a questa "creatura sfortunata" e a curarla quanto gli altri progetti, fino a divenire almeno il 50% di Stalingrad e, anche in mia assenza, a mantenerlo vivo ed operante. Elena ha molto interesse verso ogni forma di innovazione musicale e soprattutto verso l'elettronica più recente, ma vedo in lei una grande passione per forme più "dark" e "apocalittiche" di quanto io stesso possa provare. In pratica, dopo un po' di confusione iniziale, Stalingrad è (ri) nato nel gennaio 2000, col nuovo millennio.

Siete sempre stati interessati alla storia sovietica, penso a canzoni come "Bondarenko: The Lost Days" o a progetti come Uranium USSR 1972 fino appunto allo stesso Stalingrad. Da dove nasce questo interesse? Cosa c'è secondo voi di affascinante in quel periodo? E soprattutto perchè avete scelto un nome così carico di significato?
Angelo - Il "fattore Russia" ci insegue da sempre. Potrei, dovrei dire che è involontario, ma io stesso poi mi deluderei ad affermare solo livelli inconsci. La grande atmosfera che sentivo nelle cattedrali russe riprese da film (poi come niente fatti a Hollywood...) rétro, i canti avvolgenti, raccolti e maestosi (ma spesso sussurrati) della tradizione ortodossa mi hanno sempre inseguito, senza che io, appunto, nemmeno me ne rendessi conto. Negli ultimi anni mi sono letto tutti i libri di F. Dostoevskij, ho visto tutti i film di Tarkovskij ed è stato naturale... Non mi sono mai reso conto del fatto che tutti i gruppi da me fondati ed oggi operanti hanno nomi russi: anche Kirlian è un cognome di quella terra. Non me ne frega niente della Russia, insomma... ma tutto mi porta là. Ora sto anche provando ad usare testi in russo, con l'aiuto di conoscenti "in zona". Il mio paese preferito è al momento la Slovenia, comunque... Anche là vivono molti idioti, ma, tutto sommato, se ne vedono meno...

Mi ha incuriosito il sottotitolo dell'album "pompous, shamelessly uncool, heart felt b-music": ce lo puoi spiegare?
Angelo - Siamo convinti che in questo disco alloggino tentazioni musicali della massima coattaggine, ma è altrettanto vero che si può dare un contesto meno inquadrato ad un'operazione, se si è sufficientemente analitici ed autoanalitici. Molta musica di derivazione neofolk e metal nasce come divertimento e diviene un triste susseguirsi di eventi squallidi, sia dal profilo musicale che umano. Nessuno si rende conto che non bisogna essere artisti per fare un disco!!! Anzi... molti fanno i dischi unicamente per potere dirsi "artisti". La ricerca neanche sanno cos'è. Ricerca è anche onestà verso il pubblico e dignità verso sè stessi.
Elena - Queso disco è tronfio fino ad essere "svergognato", come dice il titolo. E' tranquillo di sè fino al punto di potersi definire "musica di serie B". Ma quella... è una sicurezza che deriva dalla consapevolezza di trovarsi a fare parte di un progetto senza alcun problema di "arte" o di "ego". Questa è musica per tutti, non ci vuole la laurea per ascoltare Stalingrad. Non lo ascolterà chi ha timore di trovarvi dentro una trappola poco conosciuta, cioè sentimento libero e rabbia feroce verso il mondo, la rabbia di chi non ha davvero nessuna simpatia per l'autoindulgenza e per tutto ciò che è "manomesso". In tempi in cui Amedeo Minghi si reputa un artista impegnato e vetusti gruppi metal sfoggiano corpetti di leopardo teschiati su corpi di cinquantenni alcoolizzati che ancora blaterano di "arte", Stalingrad si pone un po' più tranquillamente: siamo qui, facciamo la musica che ci diverte e ci appartiene e non vogliamo niente in particolare di tutto quello che eventualmente ci si offre. Vogliamo solo portare i gladiatori nelle gallerie d'arte ed i galleristi nell'arena! Ci interessano gli scambi culturali...

Ascoltando l'album mi è sembrato di assistere ad una storia narrata con i suoni. E' una mia impressione o c'è come un filo narrativo che lega i vari brani?
Elena - Sembra in effetti esserci un filo narrativo, ma non è stato intenzionale. L'album è nato come insieme di brani sconnessi l'uno dall'altro. Il tratto d'unione è l'immane senso di tragedia che avvertiamo dentro e che sfocia quasi in una messa raccolta e, al limite, arrabbiata al contempo, dove chi officia sa anche che non si può solo piangere, ma anche combattere duramente. Credo che Angelo ed io siamo naturalmente inclini ad uno stato di "simil-misticismo guerriero" talmente forte da potere essere condito con cartoni animati e qualsiasi genere di piacevoli stupidate, perché in esso esiste uno spirito terribile, che non si perde mai. Si spera arrivi a vincere, perché perdere, in un certo senso, è una colpa verso sè stessi. Perdere è "perdersi".

Tra l'altro il sound mi ha ricordato molto certe atmosfere di Kiéslowski, soprattutto del "Decalogo" e de "La doppia vita di Veronica", per quel senso di malinconia che si respira in brani come "Slavonija". Che ne pensi?
Elena - Quando ho visto quei films, un bel po' di anni fa, ho avuto la sensazione di tornare a casa. Quelle atmosfere mi riportavano ad un immaginario saturo di avvolgente e calda inquietudine a me familiare. A distanza di molto tempo, leggendo la tua domanda, devo ammettere di essere rimasta un po' stupita di questo collegamento che tu fai, ma poi ho pensato che forse potresti fare lo psicologo da grande!
Angelo - Non ho visto quei film...

In "The Road On Which You'll Die" avete omaggiato Morricone; il che mi fa pensare ad un certo interesse per una musica legata alle immagini, tanto più ripensando alle collaborazioni con vari video-maker avute come Kirlian Camera. Non avete mai pensato di lavorare su di un'opera dalla prospettiva audiovisiva/multimediale tutta vostra?
Angelo - Credo non sia il momento giusto. Ora stiamo tentando di sviluppare essenzialmente il linguaggio musicale, impresa tra l'altro piuttosto difficile. Diciamo che stiamo aprendo possibilità all'immagine fotografica e videoamatoriale, ma con molta rilassatezza e divertimento. Credo che presto saremo chiamati a fare una nuova colonna sonora, comunque. Intanto, credo che in un paio di film in uscita siano stati messi nostri brani. Ancora non ne conosciamo i titoli...

La title-track è il brano più violento dell'album: sembra una discesa agli inferi. Ha un significato particolare? Lo si può considerare l'angosciante punto di arrivo della storia che si dipana nell'intero lavoro?
Elena - Ancora una volta, l'involontario ha generato il necessario logico... Quel brano è una barriera verso l'impossibiltà di intendere l'espressione come statico esercizio: molti ci hanno chiesto la ragione per la quale abbiamo usato simili sonorità in un contesto che pareva essere più omogeneo in assenza del pezzo in questione... Ma "Court-Martial" ci voleva!!! Non mi si può venire a dire che tutte le sinfonie devono reggersi esclusivamente sugli 'adagio' e che tutti i pezzi folk devono avere la fisarmonica e la chitarra!!! E poi, quel pezzo è chiaramente uno sviluppo in chiave electro-industrial di temi ad origine epico-drammatica... Non è mica John Cage suonato da una scimmia!

Sono rimasto impressionato dal lavoro che avete fatto sul suono e sulle voci. Che macchine avete usato? Ci sono degli accorgimenti che consigliereste ai nostri lettori?
Angelo - Se tu sapessi cosa abbiamo usato... L'album è nato in una specie di ripostiglio di una casa che avevamo in affitto per pochi mesi, con pochissimi strumenti. Abbiamo cercato di spremere tutto al massimo, privilegiando il rapporto con gli strumenti, l' elaborazione ai massimi livelli possibili, piuttosto che circondarci di "effetti già fatti" o "campionamenti selvaggi". Qualcosa, molto poco, abbiamo campionato, ma più o meno, tutto è venuto fuori da una workstation Yamaha e da un vecchio campionatore Ensoniq EPS-16 plus...
Elena - Ci siamo affidati maggiormente al filtraggio dei suoni in esterno, anche con macchine divertenti e poco costose. Le voci le abbiamo fatte con un microfono Shure Beta 58 ed un compressore DBX. Più spartano di così... Forse, in futuro ci piacerebbe scaldare i suoni vocali maggiormente, perché ora vengono fuori freddi e a noi tocca sputare sangue per ammorbidirli, senza poi riuscirci più di tanto...

A Lipsia siete stati uno dei gruppi più apprezzati. Come riuscite a rendere così ammaliante il vostro sound dal vivo? Vi servite di collaboratori, di filmati o altro?
Angelo - Il pubblico era ben disposto, verso di noi. A Lipsia abbiamo fatto del nostro meglio, ma c'è stato qualche problema tecnico ed anche il nostro fonico è rimasto un po' spaesato. Roberta Astolfo di Leutha ci ha dato una mano importante, anche se si è un poco fatta prendere dall'emozione... Tutto sommato, il debutto è stato sofferto, ma è riuscito a comunicare la nostra partecipazione. In futuro proietteremo un filmato un po' "particolare"... ora non anticipiamo nulla, ma già nelle prossime date si vedrà se la nostra scelta è stata adatta.

Una curiosità: come mai l'album è stato prodotto proprio dalla SPKR? Come siete entrati in contatto con una delle label più estreme della scena?
Angelo - E' distribuita da ENDE, etichetta con cui abbiamo già collaborato... A SPKR parevano motivati. Non ci andava di cercare troppo e quindi quella ci è parsa subito una buona offerta. Non stavamo cercando multinazionali, anche se qualcosa si è fatto sentire da quelle "zone alte"... Ci interessava un'uscita contenuta, per noi e pochi altri... invece, forse ci ritroviamo un po' più "in luce" di quanto pensassimo.

Il progetto Stalingrad proseguirà ancora dopo "Court-Martial"? Ci sono delle novità che ci puoi svelare?
Elena - Il progetto continuerà. Il secondo lavoro è già iniziato e proprio in queste ore stiamo registrando alcune parti vocali per il nuovo corso. Stalingrad non ha scadenze prefissate per uscire (come del resto Kirlian Camera), quindi non sappiamo dire una data relativa ad un'eventuale nuova pubblicazione, ma penso che quest'anno dovrebbe essere giusto per un'uscita ufficiale.. e neanche troppo in là nel tempo. Stalingrad è una piccola sorgente che rischia di trasformarsi nelle cascate del Niagara!

  • Federico Tozzi

  • Taken from: http://www.kronic.it